Uscire dalla depressione da soli è possibile? In questo articolo scopriremo qual è uno dei primi passi da fare in assoluto per poter uscire dalla depressione e cominciare a costruirsi una vita migliore anche da soli.
Se state leggendo questo articolo, allora probabilmente sapete bene cosa significhi stare distesi a letto sommersi da pensieri negativi, senza energie per fare alcunché. Sapete cosa vuol dire rimpiangere il passato e avere paura del futuro, vivere in un mondo buio, in cui non sembra mai esserci spazio per la gioia.
Forse pensate di non poter piacere a nessuno, di non avere più alcuna speranza di realizzare i vostri sogni, di non avere una via d’uscita.
Può darsi addirittura che arriviate a credere di essere destinati a trascorrere la vostra intera vita da soli, senza amici, o forse siete convinti che, se le persone vi conoscessero davvero, non potrebbero volervi bene.
Ebbene, se è così, sappiate che non siete i soli. In Italia almeno 1,5 milioni di persone soffre di depressione, mentre il 10% della popolazione italiana (cioè circa 6 milioni di persone) ha avuto almeno una volta nella vita un episodio depressivo.
Certo, per voi sarà una magra consolazione sapere che sono milioni le persone che sanno cosa significhi guardare con timore a ogni nuovo giorno, vivere tristemente in un mondo cupo osservando gli altri vivere una vita radiosa.
Ma la buona notizia è che la depressione può essere facilmente riportata sotto controllo (con il giusto tipo di trattamento).
Esistono, infatti, numerose tecniche di auto aiuto con cui ribaltare il vostro modo negativo di pensare e la vostra dolorosa tristezza. Non è facile. Ci vorrà impegno da parte vostra, ma esistono strumenti efficaci e diversificati di cui potrete servirvi per aiutare voi stessi e sconfiggere la depressione.
COME FUNZIONA LA MENTE DEPRESSA?
Capire come funziona la nostra mente è sicuramente il primo passo da attuare per uscire dalla depressione.
Quando siamo depressi pensiamo per generalizzazioni (“mi va tutto storto”), non ci prendiamo mai il merito di ciò che facciamo bene (“non riesco a combinare nulla di buono”) e ci definiamo usando i termini più negativi (“tutti pensano che sia un perdente”).
Ci poniamo standard tanto severi da non riuscire mai a soddisfarli. Probabilmente pensiamo di dover avere l’approvazione di tutti e di dover eccellere in ogni cosa che facciamo, oppure crediamo sia indispensabile sapere con certezza se qualcosa andrà bene o male ancor prima di provarci.
Questo modo di pensare ci tiene intrappolati nell’autocritica, nell’indecisione e nell’inerzia.
I pensieri negativi portano alla depressione, la tengono viva e la prolungano, così come allo stesso tempo ne sono spesso la conseguenza. L’importante è individuarli, sottoporli a verifica e modificarli.
Qui di seguito trovate alcune delle più comuni distorsioni del pensiero che caratterizzano la depressione: evidenziate quelle che vi riconoscete:
Leggere nel Pensiero: Presumiamo di sapere che cosa pensano gli altri senza avere prove sufficienti di quello che hanno in mente (“pensa che io sia un perdente”).
Predire il futuro: formuliamo previsioni negative per il futuro, per esempio un peggioramento della situazione o un pericolo imminente (“non passerò l’esame/non riuscirò a ottenere quel posto di lavoro”).
Catastrofismo: siamo convinti che ciò che accadrà sarà così terribile da non poterlo sopportare (“non riuscirei a sopportare un fallimento”).
Etichettare noi stessi o gli altri: attribuiamo tratti complessivamente negativi a noi stessi e agli altri (“non potrò mai piacere a nessuno”).
Tendenza a minimizzare gli aspetti positivi: liquidiamo come insignificante ciò che di positivo è stato fatto da noi o dagli altri (“è stato facile da raggiore e lo avrebbe potuto fare chiunque”).
Filtro negativo: ci concentriamo quasi esclusivamente sugli aspetti negativi e di rado notiamo quelli positivi (“sono antipatico a tutti”).
Generalizzazione eccessiva: percepiamo un quadro generale negativo a partire da un singolo episodio non positivo; andiamo oltre la singola esperienza compiendo una generalizzazione a tutta la nostra vita (“sbaglio sempre tutto”).
Devo, si deve, gli altri dovrebbero: ci concentriamo sui doveri e aspettative rigide trascurando la realtà. Interpretiamo gli eventi pensando alle aspettative e alle richieste invece di concentrarci semplicemente su ciò che è (“devo farlo bene altrimenti sono un fallito”).
Pensare che le cose siano o bianche o nere: questo modo di pensare ci porta a considerare gli eventi e le persone secondo una prospettiva di tutto o niente, a vedere la realtà o completamente positiva o del tutto negativa, senza vie di mezzo (“verrò rifiutato da tutti”).
Tendenza alla personalizzazione: con il termine “personalizzazione” indichiamo in questo caso la tendenza a porre gli eventi in relazione a noi stessi, addossandoci la colpa di quelli negativi in misura esagerata, senza tenere conto del fatto che in alcuni casi la responsabilità è anche di altri (“la mia storia è finita per colpa mia“).
Incolpare gli altri: ci concentriamo sugli altri come causa dei nostri sentimenti negativi e rifiutiamo di assumerci la responsabilità di cambiare noi stessi (“solo solo a causa sua”).
Fare confronti scorretti: interpretiamo gli eventi in base a standard irrealistici, per esempio concentrando la nostra attenzione principalmente su chi fa meglio di noi. Paradossalmente, di rado, facciamo paragoni su chi invece sta peggio (“hanno tutti più successo di me”).
Tendenza ad avere rimpianti: rimaniamo ancorati all’idea che in passato avremmo potuto fare meglio, invece di concentrarci su quello che possiamo migliorare ora (“se ci avessi provato, avrei potuto avere una vita migliore”).
La catena delle ipotesi negative: continuiamo a porci una serie di domande sull’eventualità che si verifichino particolari eventi negativi, ma nessuna delle risposte ci soddisfa (“e cosa accadrà se invece…”)
Ragionamento emotivo: lasciamo che siano le emozioni a guidare la nostra interpretazione della realtà (“mi sento depresso, quindi la nostra storia non funziona”).
Enfasi sul giudizio: valutiamo noi stessi, gli altri e gli eventi in base a giudizi come buono/cattivo o superiore/inferiore, invece di limitarci a descrivere, accettare o comprendere. Giudichiamo sempre tutto in base a criteri arbitrari, per poi scoprire che niente soddisfa le nostre aspettative (“se decidessi di iniziare a giocare a scacchi, so già che farei pena”)
Incapacità di accettare prove contrarie: rifiutiamo ogni prova o argomento che possa contraddire i nostri pensieri negativi. Di conseguenza, questo pensiero non potrà mai essere confutato, e poiché diventa impossibile dimostrare che il pensiero negativo è sbagliato, continuiamo a crederci (“non è questo il punto, ci sono altri elementi da consideare”).
COME SCONFIGGERE I PENSIERI NEGATIVI PER USCIRE DALLA DEPRESSIONE?
Analizzando in questo modo i vostri stati d’animo e i vostri modi di pensare, potrete rendervi conto se avete la tendenza a usare ripetutamente gli stessi tipi di distorsioni nei vostri pensieri automatici. Una delle prime cose da fare è soppesare i vantaggi e gli svantaggi di avere un particolare pensiero. Ora provate, per ognuno di quelli che avete identificato, a seguire questo semplice schema:
1- Quali sono i fantaggi e gli svantaggi che questo pensiero ha per me?
2- Quale tipi di distorsione sto usando nel mio modo di pensare?
3- Quali sono le prove a favore e quelle contrarie?
4- Quali sono i consigli che darei ad un amico/a che abbia lo stesso tipo di pensiero?
Dopo che avrete compreso il modo in cui vi spiegate ciò che accade, potrete sperimentare un diverso stile di pensiero riguardo alle cause degli eventi.
Quando qualcosa va storto, domandatevi se potrebbe avere senso interpretare l’evento in questo modo:
“è solo un caso particolare. Farò meglio in altre occasioni. Forse la prossima volta potrei impegnarmi di più. Potrei vederla come una sfida e imparare da questa esperienza. Anche altre persone potrebbero avere delle difficoltà in questo compito”.
E quando qualcosa vi riesce bene, provate quest’altro modo di pensare e vedete che sentimenti suscita in voi:
“me la cavo bene in queste cose. Mi sono impegnato molto e sono bravo. Riesco bene anche in altre attività. Dovrei prendermene il merito. Forse posso provare ad affrontare altri compiti complessi e vedere come me la cavo”.
Così come perfino le rocce si modellano contro l’inesorabile persistere di una goccia d’acqua soltanto, anche voi potrete modificare i vostri pensieri disfunzionali, sostituendoli con pensieri capaci di aprire un piccolo varco che vi condurrà verso la porta d’uscita della depressione.
USCIRE DALLA DEPRESSIONE DA SOLI È POSSIBILE?
Uscire dalla depressione da soli, specie se reattiva o di lieve entità, è sicuramente possibile (e circà la metà di chi la affronta ci riesce), ma quello dei pensieri distorti e disfunzionali è solamente uno degli aspetti che contribuiscono a renderla viva e più forte ogni giorno di più.
La disperazione, il senso di impotenza, la solitudine, l’autocritica e la ruminazione sono tutti elementi che con il passare del tempo diventano sempre più difficili debellare ma possono essere sconfitti.
Per ognuno di essi esistono svariati esercizi, semplici ed efficaci, utili per contrastarli e cominciare a smontare, pezzo dopo pezzo, questo invalidante disturbo.
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